Osteosarcoma – Un racconto di vita vissuta: la storia di Marco Barbi

Buongiorno, sono un ex paziente della 5° Divisione (oggi Clinica III) e del Reparto di Chemioterapia. Sono stato ricoverato presso l’Istituto Rizzoli di Bologna nel luglio del 1996.

Vorrei raccontare la mia storia.

In occasione della visita presso il suo studio, il Prof. Campanacci in pochissimi minuti e pochissime parole indica a me ed ai miei familiari il percorso che avremmo dovuto intraprendere. La situazione è evidente e la via una sola: ricovero in 5° Divisione, biopsia, chemioterapia pre- e post operatoria. Ma il Prof. ci lascia una speranza, forse potrò ricominciare a fare una vita “normale” una volta terminato il percorso di cura. Prima di salutarci telefona in reparto a Suor Franca, la caposala del Reparto.  C’è la disponibilità di un letto.  Quella notte io dormo a Bologna in ospedale, i miei genitori e mio cugino tornano a casa, in Toscana, per preparare le cose che sarebbero servite l’indomani a me e a loro in seguito al mio ricovero. Dal giorno successivo incomincia tutto quello che il Prof. mi aveva spiegato. Iniziano gli accertamenti, fortunatamente l’osteosarcoma è situato solo nel perone, non risultano metastasi. Vengo trasferito dalla 5° Divisione in Chemioterapia dove conosco il dott. Bacci e il dott. Ferrari.

La chemioterapia è tosta, ha un effetto devastante su di me, perdo circa 30 kg, ma fa quello che deve fare… A novembre 1996 vengo operato e non solo “mi salva” la gamba, ma anche il nervo sciatico. Potrei tornare a muovere la caviglia e il piede senza plantari o sostegni. Un raggio di luce dopo mesi di buio.

Continuo i cicli di chemioterapia fino a marzo 1997. Poi la dimissione e l’inizio dei controlli periodici. Fortunatamente sempre negativi.

Tutto ciò che mi aveva spiegato il Prof. Campanacci si era puntualmente verificato, soprattutto l’esito della malattia, la cosa più importante per un ragazzo che allora aveva 21 anni e sperava tanto di tornare alla normalità.

Sono stati anni duri, “vivere a scadenza” tra un controllo e un altro non è stato semplice.

Adesso vado a fare lunghe camminate, a correre, in bici. Io mi sento fortunato. Fortunato perché ho incontrato medici di primissimo livello, professionalmente ed umanamente eccellenti, così come tutto il personale infermieristico.

Mi hanno curato, supportato e molto spesso sopportato, non essendo stato io proprio un paziente modello.

Mi scuso se sono stato troppo lungo nella descrizione di ciò che mi è successo, ma volevo testimoniare che se sono qui a raccontarla questa storia è grazie al Prof. Campanacci che per primo mi ha indicato la strada per il suo lieto fine. Gli sarò per sempre grato.

Marco Barbi
2020-11-28T12:04:58+01:0016 Giugno 2020|

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